BRUNDIBÁR
opera per bambini in due atti
musica | Hans Kràsa
libretto | Adolf Hoffmeister
regia, scene e immagini d'ombra | Barbara Chinelli, Roberto Neulichedl, Franco Quartieri
coreografia | Barbara Chinelli
disegno luci | Franco Quartieri
ambienti sonori | Roberto Neulichedl, Franco Quartieri
produzione | MacchinazioniTeatrali in collaborazione con I Teatri di Reggio Emilia e Istituto Musicale Peri
L’opera
Nata come operina per ragazzi destinata a partecipare al concorso indetto nel 1938 dall’allora Ministero Cecoslovacco dell’Educazione e della Divulgazione della Cultura, Brundibár non venne mai giudicata a causa della sopraggiunta occupazione militare tedesca di Praga del 1939.
Nel ghetto di Terezín venne rappresentata per la prima volta il 23 settembre 1943. A questa seguirono più di cinquanta repliche ufficiali e innumerevoli repliche organizzate clandestinamente dai prigionieri.
Fu proprio una rappresentazione di Brundibár ad essere proposta alla delegazione della Croce Rossa Internazionale in visita di controllo a Terezín e ancora il coro finale di Brundibár comparve nel documentario di propaganda nazista « Der Führer schenkt den Juden eine Stadt ». Quasi tutti i bambini protagonisti dell’opera così come anche il suo compositore Hans Kráza, vennero successivamente trasferiti ad Auschwitz.
La messa in opera
Mettere in scena un'opera quale Brundibár comporta una forte e fondamentale difficoltà: quella di riuscire ad armonizzare artisticamente la piccola trama narrativa dell'opera (i suoi contenuti drammaturgici interni) con, al confronto, la fin troppo grande trama storica che le fa da tragico sfondo (il suo contesto, l'uso che n'è stato fatto). Questa doppia lettura attraversa dunque, di fatto, la nostra concezione della messa in scena di Brundibár. Concezione che prende corpo nell'intreccio dei vari elementi teatrali in rapporto alla stessa drammaturgia musicale dell'opera: concezione dello spazio scenico, della gestualità coreutica e del disegno luci.
Contrariamente a quanto indicato nelle note di regia in partitura, la scena non si apre su una strada. Siamo invece in un'immaginaria grande camerata. Un luogo chiaramente di passaggio, dove si arriva e dal quale, prima o poi, si dovrà partire. Una serie di materassi perennemente arrotolati, che stanno per un giaciglio impersonale quasi inaccessibile, segnano il luogo tristemente ordinato degli adulti. Un luogo di regole ferree pronto ad implodere nel gioco simbolico della rappresentazione teatrale.
E' dunque un Brundibár clandestino quello al quale assistiamo, non quello ufficiale presentatoci dalla propaganda nazista.
I bambini-scolari (veri protagonisti della storia nella Storia) disegnano il loro spazio: quello fisico e quello mentale che vivrà nei loro disegni tracciati su lavagne d'ardesia da gessetti colorati fin troppo facilmente cancellabili da un cattivo Brundibár (o dalla memoria della Storia?).
Ci siamo chiesti da subito come mai un musicista-compositore quale Hans Kráza abbia concepito un'opera nella quale la parte del cattivo è affidata ad un povero suonatore d'organetto, un musicista, in fondo. La risposta che ci siamo dati (e che costituisce ovviamente una fondamentale chiave di lettura sul piano drammaturgico) è che, per la verità, Brundibár non è colui che suona musica, bensì colui che la aziona. Brundibár cattivo, sul piano musicale, regge a posteriori la metafora di un Führer solo a patto che, storicamente, si assuma la devastante capacità di un singolo individuo (il condottiero, appunto) di chiamare a cor(r!)eo i tanti (i troppi!), coinvolgendoli in una danza tra le più tragiche della nostra storia recente. Accompagnata da un micidiale congegno-organetto, questa macabra danza era fatta di passi che conducevano spediti verso la risoluzione finale. Una musica questa le cui tristi note ancora echeggiano nei complessi equilibri delle nostre società.
Contesto storico
La Fortezza Maggiore di Terezín fu costruita a 60 km da Praga tra il 1780 e il 1790 al tempo dell’imperatore Giuseppe II per difendere il cuore della Boemia dal possibile sfondamento degli eserciti nemici durante le guerre austro-prussiane del XVIII secolo. La Fortezza Minore di Terezín venne invece utilizzata sin dall’inizio del XIX secolo come carcere militare e politico per gli oppositori della monarchia asburgica.
In seguito all’occupazione nazista della Boemia le due fortezze vennero trasformate in macchine di sterminio : nel giugno 1940 la Fortezza Minore divenne un carcere inquisitorio della Gestapo praghese, mentre nella Fortezza Maggiore, nel novembre 1941, sorse un campo di concentramento destinato dapprima alla raccolta e al transito degli ebrei di Boemia e Moravia e successivamente a divenire un ghetto per i prigionieri provenienti sia dalla germania che dai paesi occupati dai nazisti tedeschi.
Dalla sua nascita fino al 20 aprile 1945 furono deportati nel ghetto di Terezín circa 140.000 fra uomini, donne e bambini.
Theresienstadt assolse contemporaneamente almeno a tre funzioni : il transito dei prigionieri (circa 88.000 persone vennero mandate ad Auschwitz), la loro decimazione (circa 33.000 morirono a Terezín) e la propaganda. Infatti, per tranquillizzare l’opinione pubblica sul fronte esterno durante le visite degli inviati della Croce Rossa Internazionale e delle delegazioni straniere, con inganni come il cosiddetto «programma di abbellimento», i nazisti mirarono a presentare Terezín come zona autonoma di inserimento ebraico. E allo stesso modo esibirono la condizione di benessere degli ebrei in opposizione alle sofferenze del popolo e dei soldati tedeschi coinvolti nella guerra, in occasione delle riprese per il documentario di propaganda nazista «Der Führer schenkt den Juden eine Stadt - Il Führer regala una città agli ebrei» che avrebbe invece dovuto alimentare il razzismo antisemita sul fronte interno.