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ATLANTE URBANO OCCIDENTALE 

 

spettacolo 

idea | Barbara Chinelli, Federico Moro, Franco Quartieri

regia, scene e immagini d'ombra | Barbara Chinelli, Franco Quartieri

con | Massimo Arbarello, Barbara Chinelli, Franco Quartieri

coreografia | Barbara Chinelli

musiche originali e disegno luci | Franco Quartieri

testi | Federico Moro

produzione | MacchinazioniTeatrali

 

Interferendo liberamente con Louis Aragon, Area-International Popular Group, Marc Augé, James Ballard, Charles Baudelaire, Jean Baudrillard, Alberto Cola, Tahar Ben Jelloun, Walter Benjamin, Italo Calvino, Iain Chambers, William Gibson, Vladímir Majakovskij, Filippo Tommaso Marinetti, Jean-Luc Nancy, Antonio Sant’Elia, Demetrio Stratos, Paul Valéry, Wim Wenders and world press

 

Atlante Urbano Occidentale è la storia breve di un secolo breve, il Novecento.

E’ la rappresentazione possibile di un occidente che ha fatto della città il luogo della possibilità e del divieto, della distruzione e della sacralità, dell’agire collettivo e dei confini insormontabili.

E’ la vicenda di un occhio, quello della società occidentale, sulla città vista come la grande tela su cui ci siamo rappresentati e attraverso la quale ci siamo riconosciuti.

Ma è soprattutto, per noi, una prova di disincanto: noi riferiamo di ciò che non ci appartiene e la città ci ingoia senza averci digerito, poiché «dal momento che non esistono interpretazioni vere e interpretazioni false ma solo interpretazioni illusorie, dal momento che, in breve, non c’è via d’uscita, resta il fatto che siamo stranieri dentro ma che non esiste un fuori».

 

Siamo partiti dal sentire comune per arrivare ad elaborarne nuove modulazioni, concentrandoci e indagando sulla molteplicità delle forme espressive e sulla loro imprevedibilità, nel tentativo di disconnettere la narrazione per riconnetterla su altri piani di ascolto. E proprio perché percepiamo la città come opera d’arte graduale, stratificata e molteplice, abbiamo voluto sperimentare la multimedialità come forma espressiva sia nell’utilizzo dei linguaggi che in quello delle tecniche.

Abbiamo concentrato gran parte della nostra ricerca sullo studio della luce e sulla costruzione di immagini d’ombra capaci di agire da fattore moltiplicatore e di modulare un discorso serrato, preciso, controllato, contemporaneo.

Parallelamente nasceva il desiderio di creare una sorta di partitura per musica, luce e scene, concretizzatasi nell’utilizzo di un software musicale che controlla e gestisce simultaneamente le luci e i cambi di scena in perfetta sincronia con il battito urbano.

Alla danza, o meglio, al corpo e alla sua naturale ingenuità, abbiamo affidato lo spazio della risonanza, del disincanto e dell’irriverenza, lasciando però, anche in questo caso, che la composizione coreografica fosse in qualche modo funzionale alla creazione di immagini, di icone.

La voce, infine, una voce straniera, abbraccia l’idea di dimenticare quanto appreso piuttosto che apprendere una trama che non le appartiene.

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